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Nel giugno del 1975 Sciascia viene eletto come indipendente nelle liste del partito comunista alle elezioni comunali di Palermo. Ma, deluso per l’inefficacia della sua presenza nel consiglio comunale e contrario alla politica del compromesso storico, già all’inizio 1977 si dimette da consigliere. Ha inizio così un accesa polemica con la classe dirigente italiana e con il partito comunista, che si farà incandescente negli anni dell’emergenza antiterroristica. «Greve…assai greve», è dunque il tempo in cui Leonardo Sciascia dà alle stampe il Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia (1977).
Unendo la «velocità» e la «leggerezza» propria del conte philosophique alla sua personale sorniona ironia, Sciascia ripercorre nel Candido le cocenti amare delusioni del suo rapporto di intellettuale
«disorganico» con il mondo politico, sempre più ambiguamente compromesso con la menzogna e l’inganno dei poteri costituiti.
Secondo Montesquieu, «un’opera originale ne fa nascere quasi sempre cinque o seicento altre, queste servendosi della prima all’incirca come i geometri si servono delle loro formule» . E così come suggerisce il titolo stesso, la formula di cui Sciascia si serve per il Candido è, per l’appunto, il Candide di Voltaire (1759).
«disorganico» con il mondo politico, sempre più ambiguamente compromesso con la menzogna e l’inganno dei poteri costituiti.
Secondo Montesquieu, «un’opera originale ne fa nascere quasi sempre cinque o seicento altre, queste servendosi della prima all’incirca come i geometri si servono delle loro formule» . E così come suggerisce il titolo stesso, la formula di cui Sciascia si serve per il Candido è, per l’appunto, il Candide di Voltaire (1759).
Il capolavoro volterriano, tuttavia, rimane solamente il punto di partenza. Sciascia è pienamente consapevole che questo suo libro non possa non assomigliare alle altre sue opere. Non una satira sull’ottimismo, non una favola filosofica, ma un apologo politico è il suo Candido: un Candido moderno che ha come bersaglio la mafia, il clientelismo, i compromessi ideologici, ossia l’attualità storico-politica, le sue ambiguità, contraddizioni e mistificazioni.
La storia di Candido Munafò, nato in una grotta, proprio la notte dello sbarco anglo-americano in Sicilia, la notte che fece da spartiacque tra il fascismo e il post-fascismo, è la storia di un eretico, un essere refrattario a qualsiasi compromesso, a qualsiasi tipo d’ipocrisia, capace di mettere in crisi e di far esplodere gli equilibri familiari e sociali. Un «mostro»: così Candido è sentito da tutti.
Accanto a lui sta il suo precettore, il tormentato e problematico personaggio di don Antonio Lepanto, prete spretato, che rispetto a Candido incarna un diverso modo di rapportarsi alla degradata e contraddittoria realtà sociopolitica. Don Antonio, una volta uscito dalla Chiesa, passa ad un’altra chiesa, entra nel Partito Comunista e, pur avvertendone tutte le contraddizioni, vi rimane: per lui fuori del partito non c’è salvezza.
Per Candido invece essere comunista è «un fatto quasi di natura», non d’ideologia. Quindi, diversamente dal suo precettore, non accetta il doloroso e difficile confronto con la storia. Il suo lucido spirito critico illuministico lo porta prima a smascherare le incongruenze e le assurdità del Partito, la sua struttura gerarchica e colludente con il mondo della reazione, poi a scegliere di esserne fuori. E alla fine, comunista per istinto, Candido Munafò sceglierà la strada del ritorno alla natura, la strada dell’utopia, del sogno verso l’anarchia: la strada che lo porterà a Parigi, patria della ragione e della speranza.
«Qui si sente che qualcosa sta per finire e qualcosa sta per cominciare: mi piace vedere quel che deve finire» - risponde Candido alla madre che vorrebbe portarlo via da Parigi e condurlo con sé in America. «Hai ragione, è vero: qui si sente che qualcosa sta per finire, ed è bello …Da noi [in Sicilia] non finisce niente, non finisce mai niente….» - conferma, camminando per le vie di Parigi, Don Antonio.
Il sottotitolo del romanzo Un sogno fatto in Sicilia, sottotitolo che potrebbe essere applicato all’intera produzione narrativa di Sciascia, viene così ad esprimere questo confronto, senza sintesi, tra «sogno», la ragione e «Sicilia», la storia.
Il sottotitolo del romanzo Un sogno fatto in Sicilia, sottotitolo che potrebbe essere applicato all’intera produzione narrativa di Sciascia, viene così ad esprimere questo confronto, senza sintesi, tra «sogno», la ragione e «Sicilia», la storia.
recensione a cura di
italialibri.net
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